Può una tesi di laurea triennale trasformarsi in una riflessione sull’attuale sistema universitario? Forse no, ma certamente parlare con studenti e studentesse alla fine del percorso di studi mette a fuoco tanti elementi positivi ma anche temi e aspetti su cui ancora c’è tanto da lavorare nelle università italiane.

Marina D’Angelo si è da poco laureata in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Bergamo con una tesi dal titolo “Emergenza e comunicazione: l’efficacia dei media digitali”. Ho incontrato Marina proprio grazie a questo blog, era in cerca di fonti per la sua tesi e io sono stata ben lieta di aiutarla e di leggere l’elaborato, una volta concluso. La prima cosa che mi ha colpito è stata proprio la passione verso questo tema e l’impegno che ha messo per portare avanti questa tesi in cui ha creduto fin dall’inizio.

Com’è nato questo progetto di tesi?

Marina D'Angelo

Marina D’Angelo

All’inizio non ero molto ottimista, la mia Università è molto tradizionale e a molti miei compagni sono stati rifiutati argomenti che non erano legati al piano di studi o accademici. Dovendo dedicare del tempo per scrivere la tesi volevo trovare un tema che mi appassionasse per questo ho scelto la comunicazione in emergenza. È stato difficile trovare un professore che mi seguisse. Il mio relatore è stato Michele Meoli, professore associato che insegna organizzazione aziendale in un dipartimento diverso da quello del mio corso di laurea. Ho seguito l’esame come crediti extra e ho chiesto di poter fare la tesi con lui sulla comunicazione in emergenza, nonostante avesse competenze diverse. Credo sia stata una scelta vincente, ho avuto con lui un dialogo continuo ed il risultato finale è stato apprezzato da tutta la commissione

Non è stato l’unico docente a supportarti in questo percorso

Ho conosciuto virtualmente la professoressa Francesca Comunello della Sapienza Università di Roma, che mi ha dato tantissimi suggerimenti per l’indice e le sue pubblicazioni come fonti da utilizzare. Non avendo punti di riferimento nel mio corso di laurea, li ho cercati fuori perché non volevo scrivere qualcosa di sbagliato o tralasciare elementi importanti. Dopo aver letto ed essermi informata sulla comunicazione in emergenza mi sono resa conto che avevo un’idea piccolissima di questo argomento, sapevo solo l’1%, non credevo fosse così vasto. Per questo motivo ho parlato di social media, ma anche di fake news, crisis mapping e digital fundraising sforando di gran lunga il limite delle 50 pagine di lunghezza, requisito della mia Università per le tesi di laurea triennale. Volevo scrivere qualcosa di senso compiuto per questo ho preferito non rispettare questo requisito pur di argomentare il più possibile il tema.

Da apprezzare il fatto che tu abbia scritto questa tesi per te e non come mero adempimento per concludere la triennale

Esatto, l’ho fatto pensando a me, mi interessava conoscere e approfondire questo tema. Ho poi seguito il consiglio del mio relatore, scrivere senza pensare che stavo facendo la tesi di laurea, ma che stavo facendo una cosa per me stessa, un percorso di scoperta che poi sarebbe rimasto a me. Sono partita da una mia curiosità e credo di aver fatto la scelta giusta.

Nella prima parte dell’elaborato sia la parte sociologica del tema che quello legato al linguaggio è molto ampia

Questa scelta è voluta per diverse ragioni. Sia per dare valore ai tanti esami di sociologia che ho dato per completare il mio piano di studi, sia perché mi ha permesso di approfondire il tema da punti di vista diversi. Ne sapevo poco e l’unico modo era cercare di conoscerlo sempre più a fondo per questo sono partita analizzando come si è evoluto nel tempo fino ad oggi e come sono cambiati gli strumenti a disposizione. Una parte che mi è piaciuta di più è stata proprio quella legata al linguaggio, sulle differenze tra rischio, disastro e catastrofe che erroneamente credevo fossero sinonimi. In questo modo anche chi ha letto la mia tesi ha potuto fare maggiore chiarezza sull’uso dei termini in questo percorso di conoscenza dell’argomento. Allo stesso modo, anche per la parte dedicata ai social media, ho voluto andare oltre all’aspetto sociale e all’utilizzo quotidiano che ne facciamo, valorizzando i vantaggi che questi strumenti hanno portato alla comunicazione in emergenza.

A che conclusioni ti ha portato questo percorso?

Ho raggiunto il risultato che mi ero posta all’inizio ovvero che dimostrare che i media digitali sono molto utili in questo settore. Se ben utilizzati e sfruttando al meglio le funzioni che offrono fanno da megafono alla comunicazione in emergenza. Per questo credo che sia opportuno che le istituzioni, grandi o piccole che siano, continuino o inizino ad investire nella comunicazione su queste piattaforme.

 

In bocca al lupo Marina per il futuro e speriamo che la pandemia (e gli orrrori comunicativi) che stiamo vivendo contribuisca a far capire quanto sia importante investire e studiare la comunicazione in situazioni di emergenza.

Foto di Joseph Mucira da Pixabay