Nel mese di luglio scorso è stato presentato il Secondo Rapporto Annuale Censis-Ital Communications dedicato alla buona comunicazione dell’emergenza quotidiana, che nasce all’interno dell’Osservatorio permanente Censis-Ital Communications sulla comunicazione e sulle agenzie di comunicazione.
Il punto di partenza è stato quello di analizzare il ruolo della comunicazione in Italia e l’impatto che hanno avuto l’emergenza sanitaria prima e la cronaca della guerra in Ucraina poi.
Il primo dato che emerge è la domanda d’informazione. Il 97,3% degli italiani nell’ultimo anno ha cercato notizie su tutte le fonti disponibili, off e online, per una media di 2,7 fonti consultate per ciascuno. 41 milioni di italiani prediligono ancora l’informazione attraverso i media tradizionali (tv, radio, giornali), mentre 27 milioni hanno preferito i siti web dei giornali online. Milioni di persone hanno poi utilizzato social media e messaggistica istantanea, diventando a loro volta protagonisti e moltiplicatori di quello che leggevano e ascoltavano. Sono oltre 7 milioni gli italiani che hanno costruito un palinsesto informativo fatto solo di media online, siti web e social media. Questo dimostra, ancora una volta, come le persone non stanno più ferme ad aspettare, ma cercano le informazioni online e partecipano loro stessi alla creazione delle notizie e alla loro diffusione.
Se la circolazione delle informazioni si traduce in una loro democratizzazione, dall’altra cresce il rischio di diffusione di fake news e disinformazione. La maggioranza degli intervistati ha infatti dichiarato di avere una idea confusa di quello che sta succedendo tra Russia e Ucraina. L’83,4% dichiara, infatti, che negli ultimi due anni si è imbattuto in notizie false sulla pandemia e il 66,1% in fake news sulla guerra in Ucraina. Questa confusione e la diffusione delle fake news ha fatto sì che Il 35,9% degli italiani ha commentato/condiviso contenuti social che criticavano le decisioni assunte dal Governo durante l’epidemia; il 33,8% ha prodotto/condiviso/commentato contenuti sulla guerra che davano informazioni diverse da quelle veicolate dai media tradizionali. Oltre a questo, il 45,5% preferisce affidarsi a fonti informali di cui si fida quali amici, parenti, conoscenti incontrati di persona o sui social e il 38,1% degli italiani dichiara di seguire le opinioni/analisi sulla guerra del proprio influencer di fiducia.
In conclusione, a questa analisi, vengono proposte alcune azioni per frenare la diffusione di disinformazione e fake news. Ovvero introdurre regole più severe per piattaforme e social media, attuare programmi di educazione al digitale e alla comunicazione via web a cui si vada ad aggiungere una promozione di una comunicazione affidabile e di qualità gestita da professionisti.
Naturalmente però i professionisti dell’informazione devono essere presenti anche sulle piattaforme social, comprese quelle che utilizzano di più i nativi digitali e, visti i dati emersi, blogger e influencer devono essere coinvolti per fare informazione di qualità.
Leggi il rapporto completo a questo link.
[Foto di copertina di Wendelin Jacober da Pixabay]