Le buone pratiche dei comandi della Polizia Locale dell’Emilia-Romagna sono state più volte trattate nelle pagine del blog. Ora queste esperienze, insieme a consigli utili e strategie social sono al centro del volume “Social Media e Polizia Locale” scritto da Samanta Arsani, funzionaria della Regione Emilia-Romagna, Alberto Sola, Comandante della Polizia Locale dell’Unione del Frignano e da Giovanni Boccia Artieri, professore ordinario di Sociologia della comunicazione e dei media digitali presso l’Università di Urbino Carlo Bo. Per approfondire i temi di questo libro, edito da Franco Angeli, e quali sono i rischi e le opportunità per la Polizia Locale sui social media ho intervistato Samanta Arsani.
Quali sono gli obiettivi di “Social Media e Polizia Locale” e a chi si rivolge?
Il volume nasce dal lavoro che stiamo facendo in questi anni con le polizie locali dell’Emilia-Romagna ed è nato tutto nel 2013 dalla domanda che con qualche comandante ci siamo posti: ma davvero le polizie locali possono stare fuori dai social media? Da quella domanda, abbiamo percorso un lungo cammino e se oggi l’idea che le polizie locali stiano sui social non è più una follia visionaria, ancora c’è molto da fare per interpretare quella presenza come una vera e propria modalità di erogazione di servizio. Il nostro obiettivo è quello che le competenze di chi lavora in polizia locale, dal comandante all’agente neoassunto, integrino le capacità di comunicazione e relazione tra le skill di base, anche attraverso i social media.
Per quali motivi la Polizia Locale dovrebbe abitare i social media con un proprio account ufficiale?
La polizia locale è spesso il primo punto di contatto tra cittadini e pubblica amministrazione, è la prima istanza a cui la comunità si rivolge per risolvere i propri problemi, chiarire i propri dubbi, spesso soltanto cercare un ascolto. I social media sono oggi uno spazio di socialità che la polizia locale non può permettersi di trascurare, se interpreta il proprio ruolo di regolatore della vita quotidiana di una comunità. Non è un caso che nella nostra visione, che cerchiamo di promuovere anche attraverso questo volume, la presenza sui social network rappresenta una declinazione di quel modello di polizia che in Regione Emilia-Romagna abbiamo definito in legge come “polizia di comunità”: una polizia locale che fonda il proprio servizio sull’orientamento ai cittadini, sull’approccio alla risoluzione dei problemi e sul lavoro di rete interno ed esterno.
Possiamo dire che attraverso i social media, le polizie locali possono completare il proprio servizio, sia in ottica di osservazione e di controllo, sia in ottica di risposta. E poi, diciamocelo, se la polizia locale non abita i social media, non è che i problemi che i cittadini portano sui social media non esistano…
Tanti vantaggi ma non mancano i rischi
Chi non fa non sbaglia, giusto? Proverbi a parte, è inevitabile che ci siano degli aspetti da curare con particolare attenzione, direi più perché la nostra azione sia efficace che per i rischi che si possono correre. Si tratta di una attività comunque nuova, che va progettata e studiata con attenzione: vanno tenuti in considerazione tanti diversi profili, da quelli strettamente comunicativi e relazionali, a quelli organizzativi, all’individuazione e alla preparazione delle persone giuste per seguire il servizio. Se si progetta e si presidia con cura, si è in grado di prevenire i possibili rischi ed apportare i correttivi necessari in caso di criticità. Se si improvvisa, allora sì che possono arrivare dei guai.
A mio avviso il vero punto è la consapevolezza: è necessario avere chiari i propri obiettivi e ricordarsi sempre che abitare i social media significa aprire le porte; se porti apertura, otterrai fiducia e sarà più semplice ed efficace offrire un servizio, ma se porti apertura devi anche essere capace di gestirla, con trasparenza, correttezza e rispetto dei ruoli.
Se posso basarmi sull’esperienza fatta fino ad oggi in Emilia-Romagna, il tanto temuto effetto boomerang, la paura del “se la PL va sui social, poi raccoglie solo insulti” non si sono mai realizzati. Dobbiamo essere utili e sinceri e otterremo apprezzamento per il servizio offerto.
Per tutto il resto, leoni da tastiera, professionisti della polemica, provocatori politici, ci sono gli strumenti…
Abbiamo incontrato i comandi della Polizia Locale dell’Emilia Romagna su Twitter, Facebook, YouTube e Instagram. C’è un social media “migliore” per le attività di comunicazione della Polizia Locale?
Certo che c’è: è quello che risponde meglio agli obiettivi che ci si pone. Un giro di parole solo per dire che a questa domanda, che è la prima che ci pongono spesso i comandi o gli amministratori interessati allo “sbarco”, non ci può essere una risposta univoca: sappiamo che i social sono diversi per natura, caratteristiche tecniche, target, ecc. quindi la vera domanda da porsi non è quale social usare, ma che bisogno abbiamo, che servizio vogliamo offrire. La scelta del social diventa facile, se abbiamo chiaro dove vogliamo andare.
Poi, a tendere, se di case ne abbiamo tre o quattro, sempre meglio di una, no?
Nel libro troviamo tanti suggerimenti utili per impostare una strategia social per la Polizia Locale, ce ne puoi rivelare tre?
Devo ripetermi: progettare con cura, presidiare sempre, essere utili al servizio della comunità
Oltre ai consigli, analizzate anche gli errori. Quali sono i più comuni?
Beh, gli errori di partenza sono spesso gli stessi: paura di sbagliare, il famoso dito che trema prima del primo invio che in realtà rappresenta un freno ad una comunicazione aperta; difficoltà ad abbandonare la forma innata nella divisa, cioè imparare a padroneggiare uno stile comunicativo che non è naturale per chi come mission è abituato all’applicazione formale delle norme. Oggi aggiungerei anche un errore opposto: se dopo quasi dieci anni, l’esperienza di tanti comandi ci ha insegnato che “si può fare”, bisogna tenere gli occhi molto aperti per non prendere tutto alla leggera e non dimenticare mai che l’improvvisazione in questo campo è l’unico vero errore irrimediabile.
Pensi che grazie a questo volume altri comandi di Polizia Locale si avvicineranno ai social media?
Me lo auguro davvero, perché abbiamo visto in questi anni che i vantaggi per i comandi e per le loro comunità sono tanti, dal miglioramento delle relazioni tra cittadini e istituzioni, all’aumento dell’efficacia nell’erogazione del servizio, al rafforzamento, in molti casi, dell’identità professionale e dello spirito di corpo. Ma non solo, me lo auguro anche perché la polizia locale, tra le tante pubbliche amministrazioni, sta dimostrando ancora una volta quanto sia centrale il proprio ruolo di perno della vita quotidiana di una comunità, comunità che oggi vive anche sui social media, che di virtuale ormai hanno ben poco.
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Foto di copertina: Polizia Locale Terre d’Argine