Due comandanti, due innovatori e visionari che hanno “stravolto” o, anzi meglio, introdotto la comunicazione sui social network della polizia locale. È proprio dal loro spirito di iniziativa e dai loro comandi che è nato il progetto di portare sui social la polizia locale della Regione Emilia-Romagna, aprirla al grande pubblico 2.0 e mostrare da vicino la varietà di attività che quotidianamente svolge. Sono questi i motivi per cui ho scelto di intervistare Alessandro Scarpellini, comandante della polizia locale dell’Unione Rubicone e Mare (e in precedenza comandante della polizia locale di Cesenatico) e Pierpaolo Marullo, comandante della polizia locale di Riccione, Misano Adriatico e Coriano, già comandante della polizia locale del Frignano. Un percorso iniziato nel 2014 in due comandi dalla volontà di due persone, e che ora conta 28 comandi su almeno un social, niente male no?

Qual è stata la vostra reazione quando dalla Regione vi hanno proposto di partecipare a questo progetto e di portare i vostri comandi sui social?

AS – Nel mio caso non ci fu una vera e propria proposta dalla Regione. Piuttosto fu un’idea concepita, sviluppata, condivisa e portata avanti assieme, per sperimentare – tramite il comando di polizia locale di Cesenatico, che all’epoca comandavo – un’innovazione nel modo di somministrare il nostro servizio. Dopo un periodo di osservazione e “studio” di ciò che facevano altri, in particolare le polizie del Regno Unito, mettemmo così a punto un progetto e cominciammo. Era la primavera del 2014 e fummo i primi. Qualche timore ovviamente c’era, ma la forza dell’idea ci convinceva a provare ed oggi, a ragion veduta, facemmo bene.

PM – In realtà Alessandro Scarpellini ed io, una volta rientrati dallo stage a Cambridge dove abbiamo visto da vicino come la polizia di comunità lavora sui social, abbiamo detto che dovevamo farlo anche noi e allora ci siamo messi tutti insieme a tavolino, con la Regione, e abbiamo iniziato a progettare con le conoscenze che avevamo. Abbiamo fatto un sacco di errori perché abbiamo iniziato da autodidatti andando a copiare altre realtà attive sui social, però avevamo chiaro l’obiettivo ovvero far partecipare la cittadinanza a tutte le nostre attività, creando empatia verso la polizia locale e mostrando le attività che ogni giorno svolgiamo sul territorio, andando oltre lo stereotipo del vigile che fa le multe.  Io e Alessandro siamo stati visti come due visionari perché nessuno credeva in questo progetto. I risultati hanno stupito anche noi, sia a livello di ritorno interno che verso la cittadinanza.

Come viene percepito dagli operatori di polizia il presidio dei social? Una sfida positiva o un’ulteriore attività da svolgere?

AS – Come sempre avviene, all’inizio qualcuno si entusiasma di fronte a una cosa nuova e qualcuno si ritrae. Posso testimoniare che nel procedere del tempo gli scettici ed i contrari diminuiscono sempre. Si tratta certamente di un impegno, che ha un costo e che quindi comporta necessariamente una revisione organizzativa ed una condivisione, o perlomeno una conoscenza diffusa degli obiettivi, che investa tutti gli operatori. Quindi incontri, riunioni, spiegazioni, ma anche ascolto. Con l’arrivo dei primi risultati positivi, lo strumento entra nella routine: ormai un contenuto, la produzione di immagini, la proposta di temi, sono attività quotidiane di quasi tutti gli operatori.

PM – Ci sono due momenti: all’inizio anche nei comandi che sono orientati verso questo tipo di attività c’è diffidenza, non è nostro compito, non dobbiamo comunicarlo noi, ci mettiamo alla berlina ecc… e io lo capisco perché, essendo stati primi a partire, ricordo benissimo i momenti negativi e gli errori fatti; dopo ci si convince perché ci si rende conto che tutto quello che abbiamo previsto non avviene ma, anzi, si instaura un dialogo costruttivo sia con i cittadini che all’interno. A livello interno, infatti, quando capiscono che non è per niente faticoso e che ha riscontri oggettivi e positivi arrivano anche a divertirsi oltre che a crearsi nuovi legami e amicizie all’interno del comando tra persone che a malapena si salutavano, mentre ora si confrontano sulle notizie e la costruzione dei post.

Come programmate e coordinate l’attività di gestione e monitoraggio dei canali ufficiali? Chi produce i contenuti che pubblicate quotidianamente?

AS – Ovviamente il Comandante o chi da questi viene individuato come responsabile dei social (amministratore) è il primo ad essere coinvolto. La responsabilità della messa a punto di un piano di comunicazione e dell’assegnazione dei ruoli è sua, così come l’impianto strategico, lo stile comunicativo e l’intervento in casi particolari. Poi è bene costruire e far crescere un gruppo di editor, che con riunione periodiche ed un quotidiano scambio di idee/contenuti/immagini in chat dedicate, di fatto rappresenta il motore dei social. Se il gruppo degli editor, non necessariamente chiuso, può contare sul contributo di tutti gli agenti, la produzione di contenuti e immagini non è un problema. Anzi: può diventare difficile scegliere! È auspicabile che anche chi non è investito direttamente da un ruolo, capendo l’obiettivo comune e l’utilità del servizio, possa sentire accolte proposte, idee, esperienze e sia stimolato a mettere a disposizione, quando ne ha possibilità, foto, video, esperienze. Abbiamo avuto agenti a tempo determinato che sono stati con noi poche settimane e che con grande entusiasmo ci hanno dato contributi interessanti. Aggiungo che la comunicazione social ben si può coniugare con altre attività più tradizionali (si pensi, ad esempio, all’educazione stradale o alla legalità che facciamo nelle scuole, o al presidio in occasione di eventi, spettacoli o manifestazioni, o alla vigilanza nei mercati) e già in fase di progettazione degli interventi possono essere messi a punto messaggi di “lancio”, di informazione, di racconto, utili sia a migliorare il nostro lavoro, che risulterà più efficace, sia a fornire un’immagine meno stereotipata di noi. Sullo sfondo ci sono sempre alcuni capisaldi: l’informazione aiuta le persone a vivere meglio, un pubblico informato è più propenso a collaborare, una polizia che rassicura è un servizio di polizia per la comunità.

PM – È tutto in divenire e, in base alla mia esperienza con due comandi diversi (Frignano e Riccione) dipende anche dalle persone che vi lavorano. All’inizio c’è la direttiva del comandante che, come tale, definisce gli obiettivi e come fare per realizzarli. Con il tempo, capiti gli indirizzi, le persone dedicate alla gestione dei social si formano e si gestiscono dal punto di vista operativo tramite una chat formata solo da coloro che sono editor e possono creare i post sugli account. Questo non vuol dire che gli altri non vengono coinvolti, anzi, più le pagine crescono più, anche i restii, interagiscono suggerendo post, notizie da rilanciare o realizzando foto.

Dei canali che presidiate con un account ufficiale, quale preferite o quale vi dà i risultati migliori?

AS – Sono tutti buoni canali, ognuno con pubblico diverso e che ha aspettative diverse. A noi, per la nostra dimensione e per il tipo di organizzazione che abbiamo, i risultati migliori li offre Facebook. Innanzitutto perché ci consente di raggiungere un pubblico consistente (in questo momento abbiamo una copertura media settimanale attestata sulle 20.000 visualizzazioni) e poi perché è lo strumento più conosciuto ed usato per interagire. Cerchiamo di offrire una pubblicazione quotidiana e di rispondere sempre ai commenti, anche a quelli critici (ogni tanto può capitare), con trasparenza, onestà e disponibilità. Stiamo però puntando molto su Instagram: abbiamo pronto un progetto ed un piano di investimento robusto – in termini di lavoro – da mettere in campo dopo l’estate e abbiamo un’aspettativa molto alta. L’obiettivo di fondo è quello di raggiungere i giovani ed i giovanissimi e di proporci nei loro confronti come uno dei soggetti di riferimento, istituzionali sì ma anche affidabili ed interessanti. È un target di utenti non sempre orientati positivamente nei nostri confronti; lo sappiamo, ma vorremmo proprio raggiungere chi ha un atteggiamento non positivo verso di noi non con l’intento di cambiarlo, ma con quello di essere disponibili all’interazione, di proporre comportamenti positivi o di protezione dai rischi, di portare testimonianze e di rappresentare valori. Una bella sfida. Abbiamo in mente idee molto originali per arrivarci: incrociamo le dita, ma siamo molto carichi.

PM – Come comando di Riccione, Misano Adriatico e Coriano siamo presenti su tre social network che utilizziamo con scopi diversi: Twitter per gli eventi in diretta, Facebook per lo storytelling e Instagram per svelare il nostro lato umano. Nel dettaglio, Twitter è quello che ci dà meno soddisfazioni ma che ha le potenzialità maggiori. Lo utilizziamo per dare le informazioni di servizio durante il gran premio della MotoGP o per il Giro d’Italia come esercizio per essere pronti quando si verificherà una vera emergenza come una nevicata o una scossa di terremoto e per presidiare e informare sulla situazione in corso. Usiamo Twitter per informare dove ci posizioniamo con i posti di blocco o con il rilievo della velocità, pubblichiamo queste informazioni solo su questo canale in modo tale, visto l’utilità dell’informazione, da abituare i cittadini e la stampa a consultare e seguirci anche su questo account. Facebook è quello più frequentato dagli utenti ed è fondamentale presidiarlo, anche se mi piace meno. Come ultimo c’è Instagram, con questo cerchiamo di raggiungere un target con una età più bassa ma che ci interessa ugualmente perché la polizia locale è per tutti. Insomma abbiamo tre piazze virtuali, molto diverse tra loro, che dobbiamo presidiare allo stesso modo di quelle reali nei nostri territori.

Qual è stato l’ostacolo e la soddisfazione più grande che avete ricevuto dall’abitare i social?

AS – Veri e propri ostacoli non ne abbiamo mai trovati. All’inizio certo abbiamo dovuto far capire cosa volevamo fare ed abbiamo dovuto convincere qualche amministratore pubblico un po’ più scettico.

Quanto alle soddisfazioni potrei aver bisogno di molto spazio…. Tra le tante ne scelgo una: lanciammo via Facebook la proposta di abbellire una parete esterna del comando con un’opera grafica. Abbiamo ottenuto – gratuitamente – da un gruppo di alcune decine di cittadini, che fu capace di coinvolgere alcune aziende del territorio, la realizzazione di uno straordinario mosaico a colori di grande valore (nella foto). Un modo concreto, molto materiale, di aggregazione e di appropriazione di un immobile che ospita un servizio pubblico da parte della comunità, nel più pieno spirito dei social.

PM – Ostacoli ormai non ce ne sono più, adesso sono i sindaci che chiedono ai comandanti della polizia locale di aprire i profili sui social. In questo percorso un ostacolo è stato rappresentato dai colleghi che non capiscono questa apertura e non apprezzano questa attività che è dedicata alla cittadinanza a cui ci rivolgiamo con il linguaggio comune dei social. La soddisfazione invece, è rappresentata proprio dall’entusiasmo, sia dei cittadini e dei ringraziamenti che ci lasciano nei post (e che ti ripaga del lavoro svolto), ma soprattutto dei colleghi perché inaspettato.

Oltre alle realtà emiliane, non sono numerose le PL sui social. Secondo voi quale può essere il motivo? La diffidenza verso questi canali o la responsabilità nel comunicare sui social?

AS – Difficile rispondere. Sicuramente l’esistenza di un coordinamento regionale aiuta molto. E non è trascurabile il fatto che le polizie locali dell’Emilia Romagna già da anni sono abituate a lavorare “in rete”: questo ha aiutato a mettere in condivisione l’esperienza dei primi, a strutturare l’iniziativa, a curare la progettazione e la gestione, anche con i necessari strumenti amministrativi e le norme di policing (non dimentichiamo che siamo un servizio pubblico e che operiamo con le norme che disciplinano l’azione della pubblica amministrazione). Sono certo che sarà comunque solo una questione di tempo. E neanche di tanto.

PM – Può dipendere da entrambi i motivi. Ogni volta che c’è una cosa nuova da fare, si tende a chiudersi perché, ogni giorno, abbiamo già tante difficoltà da affrontare ma, non è così, perché con i social i contrasti si riducono e riusciamo a far arrivare molte più informazioni ai cittadini. Per esempio durante questo Giro d’Italia abbiamo dedicato, per circa dieci giorni, post alle modifiche alla viabilità e alle alternative, quando i colleghi sono rientrati hanno detto che il servizio è andato bene e non ci sono state criticità, anzi un cittadino ha addirittura commentato ironicamente che se ci fossero state auto in divieto, dopo tutta la comunicazione che avevamo fatto, erano da bruciare. Io credo tantissimo a questa attività che quotidianamente svolgiamo sui social, non è un gioco o tempo perso, è informazione al cittadino e proprio per questo l’ho inserito nel PEG (Piano Esecutivo di Gestione) come obiettivo programmatico.

Un consiglio per convincere altre PL ad aprire un account sui social?

AS – Osservate e copiate! È una cosa che facciamo ancora anche noi. Oggi ci sono molti esempi, anche in Italia, che possono aiutare a partire. Non fatevi bloccare dalle paure, ma non siate neanche faciloni, perché i social network sono strumenti di comunicazione e interazione utili che producono efficacia ed efficienza, ma che necessitano di presidio, di gestione e di disponibilità verso gli altri. Evitate il rischio di confusione con gli organi di governo (il sindaco è una cosa, la polizia locale un’altra). Ricordate che abbiamo tutti i giorni comunicazioni e informazioni interessanti e utili per il pubblico.

PM – Ad un convegno ho detto: “non credete a nulla di quello che dico io perché, come comandante, posso non essere obiettivo, parlate con i miei uomini e guardate le nostre pagine social perché stando vicino a chi questo lavoro lo fa ogni giorno e ci crede vi renderete conto che non ci sono dubbi… funziona!”.

Questi gli account social dei due comandi assolutamente da seguire:

Polizia locale dell’Unione Rubicone e Mare: Facebook, Twitter, Instagram

Polizia locale di Riccione, Misano Adriatico e Coriano: Facebook, Twitter, Instagram