Un gruppo di ricercatori dell’Università di Firenze ha sviluppato una applicazione, basata sull’Intelligenza Artificiale, che è in grado di predire la profondità delle camere magmatiche. Conoscere, infatti, dove si trovano i serbatoi di magma dei vulcani può aiutarci a prevedere un’eruzione e la sua intensità.

“Per ricostruire la struttura profonda di un sistema vulcanico sono necessarie le informazioni su pressione e temperatura dei serbatoi di magma e sulla loro eventuale migrazione nel tempo, informazioni difficili da reperire per via diretta e che sono cruciali per una valutazione consapevole della pericolosità di un vulcano – spiega Simone Tommasini, docente di Petrologia e petrografia dell’Ateneo fiorentino e coordinatore del team –. A ispirare la nostra ricerca è stata la considerazione che per tale valutazione e per gestire il rischio vulcanico abbiamo bisogno di nuovi metodi di indagine, creando sinergia tra diverse competenze”.

GAIA

È nata così GAIA (Geo Artificial Intelligence thermobArometry), sistema di intelligenza artificiale che, partendo dai dati a disposizione sulla composizione chimica dei clinopirosseni, minerali che si ritrovano comunemente nelle rocce vulcaniche, è in grado di determinare pressione e temperatura – e quindi profondità – delle camere magmatiche da cui questi minerali si sono originati. “L’App – prosegue il docente Unifi – consentirà di analizzare la storia eruttiva di un vulcano e vedere se esiste una correlazione tra la profondità di un serbatoio magmatico e l’intensità dell’eruzione, il cosiddetto Volcanic Explosivity Index”.

“Abbiamo sviluppato il sistema di reti neurali in due step – aggiunge Lorenzo Chicchi, dottorando del Dipartimento di Fisica e Astronomia Unifi e primo firmatario dell’articolo – utilizzando un database esistente in letteratura, prima addestrandolo su una parte dei dati e poi testando la sua capacità predittiva sulla restante parte. GAIA ha dimostrato un’elevata accuratezza, migliore dei geotermobarometri minerale-liquido utilizzati finora nel campo della vulcanologia”.

I test

I ricercatori hanno applicato GAIA allo studio dell’“anatomia” di cinque vulcani italiani attivi – Etna, Stromboli, Vesuvio, Vulcano e Campi Flegrei-, e partendo dalla composizione dei singoli clinopirosseni hanno ricostruito le caratteristiche dei serbatoi magmatici presenti al di sotto di ciascun vulcano durante la sua intera storia eruttiva.

L'Etna

L’Etna

I test effettuati sui vulcani confermano la capacità predittiva della rete neurale sugli episodi del passato – concludono Duccio Fanelli e Luca Bindi, rispettivamente docenti di Fisica della materia e di Mineralogia dell’Università di Firenze – e ci auguriamo che la App, di libero utilizzo, possa diventare un efficace strumento di lavoro grazie al quale sarà possibile svelare più facilmente la dinamica dei sistemi vulcanici, contribuendo così a raccogliere indizi robusti utili alla valutazione del rischio di eruzione”.

 

Foto copertina di Toby Elliott su Unsplash

Taggato in:

, ,